Sono stati affrontati diversi argomenti nell’incontro di 4 ore tra Xi Jinping e Biden nella storica tenuta di Filoli a sud di San Francisco.
Un colloquio costruttivo e produttivo secondo il Presidente degli Stati Uniti, dove, oltre alla coesistenza pacifica, è stata anche auspicata una collaborazione su più fronti.
È il caso della lotta al traffico di fentanyl, farmaco oppiaceo derivato dalla morfina prevalentemente sintetizzato in America latina e in Cina e che negli Stati Uniti sta creando un problema di emergenza sociale, con decine di migliaia di vittime che si registrano ogni anno. Xi Jinping ha infatti garantito che prenderà le misure necessarie per contrastare la produzione di oppiacei e l’esportazione verso gli Stati Uniti.
Impegno comune anche nel settore dell’intelligenza artificiale, dove Washington e Pechino opereranno in sinergia per evitare che questa tecnologia possa assumere implicazioni e scopi bellici.
“Il pianeta terra è abbastanza grande per entrambi” ha dichiarato il Presidente cinese ma altrettanto grandi sono le zone di influenza dei due paesi, infatti è proprio nello scenario internazionale ed economico che rimangono le principali barriere tra Xi e Biden.
Nonostante l’annuncio della ripresa dei contatti tra le forze armate cinesi e statunitensi, con la finalità di prevenire incomprensioni ed errori di calcolo, la Cina ha richiesto agli Stati Uniti di avviare un percorso volto a revocare le sanzioni unilaterali nei confronti di Pechino, sviluppando quindi un commercio equo e giusto; a sua volta Biden ha ribadito che la mancanza di trasparenza da parte di alcuni colossi cinesi in materia di proprietà intellettuale non sia favorevole per gli investimenti.
Sulla questione Taiwan, invece, Biden ha affermato che l’obiettivo principale dev’essere il mantenimento della pace e della stabilità nello Stretto, rimarcando timidamente la proposta di “una sola Cina”, al centro di manovre e pressioni militari cinesi; in questo contesto, Xi ha sollecitato gli Stati Uniti a intraprendere azioni concrete per non sostenere l’indipendenza di Taiwan, interrompendo la fornitura di armi e sostenendo la riunificazione pacifica della Cina, a quanto pare fortemente desiderata anche dai due principali partiti di opposizione taiwanesi, Kuomintang e Partito popolare, che proprio durante il summit di San Francisco hanno deciso di unire le forze in vista delle elezioni presidenziali del gennaio 2024 e che verosimilmente potrebbero cambiare il corso politico e diplomatico dell’isola.
Sul fronte mediorentale, la Casa Bianca ha rinnovato il suo supporto allo Stato ebraico nella lotta contro Hamas, riconoscendo però che l’eventuale superamento del conflitto richiederà necessariamente la Soluzione dei due stati, vista favorevolmente anche dalla Cina, che nell’ottica di Washington dovrebbe giocare un ruolo di mediazione con l’Iran affinché non possa alimentare le ostilità.
Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, il Presidente degli Stati Uniti, ha detto all’omologo cinese che continuerà a sostenere Kiev, senza fare alcun riferimento al piano di pace proposto da Pechino e già bocciato dalle potenze Occidentali.
Biden ha infine delineato i rapporti con la Cina come una “vigorosa competizione” che dev’essere indirizzata al perseguimento di obiettivi e interessi comuni; principi fondamentali che per Xi possono essere assicurati solo dalla coesistenza pacifica, dal rispetto reciproco e senza interferire negli affari interni dei rispettivi Paesi.
Un incontro distensivo e utile per affrontare alcune questioni etico-sociali ma che lascia forti dubbi sulle reali intenzioni della Cina e sull’effettiva forza degli Stati Uniti, compromessa in questi ormai 3 anni di presidenza Joe Biden.
