Ed eccoci di nuovo qua, ad esaminare e provare a evidenziare come i nostri ragazzi delle scuole
superiori e le università sono un mondo che andrebbe prima, forse, esaminato e poi cambiato da
cima a fondo. Da ieri sera sia le scuole secondarie sia le università sono stato oggetto di
occupazione da parte dei collettivi studenteschi che hanno ospitato incredibilmente in taluni casi anche terroristi.
A Torino si è tenuto cun evento con una partecipante dichiarata sia attivista ma anche protagonista di atti terroristici negli anni ’70, cosa che stride con il buonismo che accompagna buona parte dei nostri ragazzi. La partecipante si chiama Leila Khaled, storica attivista palestinese. Questo evento, che non è sponsorizzato dall’università, sorge in seguito all’avvenuta occupazione dei collettivi per denunciare le morti nella striscia di Gaza.
La denuncia di ciò è stata fatta da un’europarlamentare del PD che chiede al prefetto e al ministro Piantedosi la revoca dell’invito all’attivista per evitare che le università diventino teatro di fomentatori d’odio. I collettivi si giustificano cercando di comparare la resistenza palestinese alla resistenza partigiana, cercando anche di giustificare gli attacchi che il gruppo terrorista ha perpetrato contro Israele.
Per la prima volta questo fatto stupisce anche i politici di sinistra (finalmente), e paradossalmente, è un fatto di per sé eccezionale che un po’ ci fa sorridere, ma forse possiamo notare come finalmente la sinistra si sia resa conto di alcuni fatti che le associazioni studentesche e i politici di destra denunciano da
tempo. Però, la cosa su cui bisognerebbe concentrarsi non è tanto l’evento in sé e per sé, che è già
molto grave, ma come le nostre future generazioni ribaltino tutti i concetti di buon senso su cui non
dovremmo porci neanche il minimo dubbio e come si costruiscano delle narrazioni talmente
fantasiose che sono degne del miglior Orwell.
Nei giorni scorsi mi è capitato di vedere un volantino di un collettivo che metteva in luce come
l’occupazione di scuole e università potesse aiutare a far fermare la guerra. Non solo, illustrava
come i dibattiti e la critica sul tema della guerra in Palestina si siano appiattiti a favore della causa
israeliana. Tutto ciò è una cosa abbastanza falsa e basta seguire le trasmissioni in prime time sulle
nostre reti nazionali per capirlo, ma risalta come ancora queste persone siano ferme alle concezioni
e ai pensieri che hanno caratterizzato il ‘900, e aggiungerei senza nemmeno capirci molto.
Questo collegamento tra guerra, genocidio e la lotta fatta dai partigiani denota come ormai siamo
giunti a un punto in cui qualsiasi pensiero di un fantomatico progresso e questo ribaltamento anche
del buonsenso comune stia prendendo il sopravvento sulla realtà e sui valori che ci hanno sempre
accompagnato nel corso dei secoli e che questi studenti dovrebbero studiare e imparare.