ll vescovo di Anversa, Mons. Bonny afferma: “È irritante come alcuni leader politici e militari in Israele abusino di temi biblici per legittimare le loro azioni omicide. Danneggiano l’immagine della loro e di tutte le religioni del mondo”. E così è scoppiata subito la polemica che ha generato un clima di divisione tra le diplomazie episcopali.
La lettera critica del vescovo mette a rischio i delicati equilibri sul tema del conflitto mediorientale nella nazione. Ad Anversa, infatti, risiede la più numerosa fetta di comunità ebraica di tutto il Belgio (circa ventimila persone). Quest’ultima, a seguito delle dichiarazioni del “vescovo più progressista del paese”, accusa Mons. Bonny di scagliarsi ingiustamente contro il giudaismo.
I giornali e l’opinione pubblica belga sono largamente a favore di Israele, promuovendo il suo diritto di esistere, resistere e difendersi. Il settimanale Jüdische Allgemeine e il giornale Standaard accolgono le denunce di accademici dell’Università di Anversa sulle affermazioni del vescovo, che dipinge gli israeliti come “genocidari”, proponendo una narrazione distopica della storia del popolo ebraico.
Un vescovo che si finge “amico” ma sembra essere intollerante alle azioni dell’esercito israeliano presso Gaza. Questo porta a un punto a cui non eravamo più abituati: il tema religioso torna ad assumere un peso preponderante all’interno degli equilibri diplomatici tra Israele e Santa Sede. Nonostante le critiche ricevute, il vescovo non fa passi indietro, anzi ha addirittura il coraggio di definire le mosse militari di Israele come “aggravate dalla matrice religiosa”.
La resistenza del popolo ebraico rappresenta un desiderio di pace, che oltre ad essere religioso, è un messaggio laico, di civiltà e democrazia, che deve essere sostenuta da tutto l’Occidente.