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Negli scorsi mesi è stata approvata in Europa l’ennesima stortura di un’unione che pensa più a
seguire un’ideologia farlocca che non a proteggere i suoi cittadini e la crescita di tutti i paesi
europei. Stiamo parlando della direttiva sulla tassa applicata alle emissioni prodotte dalle navi
container sopra le 5000 tonnellate.

Purtroppo questo problema sorge soprattutto per i nostri porti italiani, in generale però è una misura che riguarda tutti i porti che si affacciano sul Mediterraneo e che sono snodi fondamentali dei principali viaggi intercontinentali. Questa tassa si basa sul sistema ETS – Emissions Trading System – che è un sistema per lo scambio di quote di emissione. Nello specifico un’azienda europea responsabile delle proprie emissioni inquinanti riceve dei crediti per ogni tonnellata che potrebbe emettere secondo calcoli fatti dalla Commissione Europea. In seguito, l’azienda può decidere di spendere i suoi crediti per emettere anidride carbonica o cederli ad altre aziende meno virtuose nella dispersione dell’anidride carbonica.

A fine gennaio 2023 le istituzioni europee hanno raggiunto un accordo per ampliare questa tassa anche ai trasporti marittimi. Ma perché è un problema per i porti italiani? Purtroppo questa direttiva colpisce maggiormente i porti di transito e non quelli di destinazione. Ed essendo molti porti italiani, e non solo, di medie dimensioni e quindi non adibiti allo scalo di merci in quantità elevata, vengono usati soprattutto dalle navi che fanno lunghi viaggi come punti di sosta nel loro viaggio, ma non solo.

I dati di Assoporti mostrano che Gioia Tauro, come esempio di maggiore impatto, si è imposto come principale porto di trasbordo italiano: da qui passa il 28 per cento del traffico nazionale di container e il 77 per cento del traffico di trasbordo. Ciò significherebbe per l’economia italiana un enorme tracollo sia per gli indotti che i porti e le navi di transito portano nelle città italiane, sia perché esso può incidere in maniera enorme sull’occupazione, in quanto, ovviamente, i lavoratori risentirebbero per primi di questo disastro.

Certamente alcuni dei nostri politici si opporranno con forza a tale decisione, e speriamo che essa subisca delle modifiche. Ma purtroppo come ben sappiamo in Europa vige sempre più la regola degli interessi ideologici e particolari a discapito di quelli dei molti. Per risolvere il problema dell’inquinamento forse sarebbe meglio se l’unione investisse più in ricerca che non impieghi il suo tempo a discutere di misure che danneggiano l’unione stessa.

La ricerca può e potrà aiutare a sviluppare dei nuovi carburanti che renderanno molto meno inquinati
sia i mari che le terre ed impatterà in maniera forse decisiva sull’impatto del cambiamento climatico.